William Carey (1761-1834) Padre delle Missioni Moderne | ||
di Grido di Battaglia Trascritto da eVangelo |
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![]() Lasciò che il Signore si servisse della sua vita, non soltanto per l’evangelizzazione durante 40 anni, ma realizzando l’impossibile: tradurre la Sacra Bibbia in più di 30 lingue. In quei tempi la chiesa non accettava l’idea di andare a portare il Vangelo ai pagani, perché era considerata assurda. Un giorno ad una riunione di pastori si alzò per discutere sul soggetto: “Il dovere dei credenti è di spandere il Vangelo nelle nazioni pagane!”. Il presidente della riunione, meravigliato si alzò e disse: “Giovane uomo, siediti. Quando Dio vorrà convertire i pagani lo farà senza il mio ed il vostro aiuto!”. Anche dopo questo incidente, la fiamma continuava a bruciare nell’anima di Carey. Nel corso degli anni seguenti lavorava senza riposo nella preghiera, i suoi scritti e i suoi discorsi erano tutti improntati sul medesimo soggetto: “Portare Cristo alle nazioni!” Nel Maggio 1792 predicò il suo memorabile sermone su Isaia 54:2-3 “Allarga il luogo della tua tenda, si spieghino i teli della tua abitazione, senza risparmio; allunga i tuoi cordami, rafforza i tuoi picchetti! Poiché ti spanderai a destra e a sinistra; la tua discendenza possederà le nazioni e popolerà le città deserte”. Parlò a lungo dell’importanza di attendere cose grandi da Dio e insisteva sulla necessità d’intraprendere opere grandi per Dio. Incontrò diversi ostacoli per realizzare la chiamata di Dio alla missione, uno dei primi fu sua moglie che all’iniziò si rifiutò categoricamente di lasciare l’Inghilterra con i suoi bambini. Un altro problema fu il fatto che era proibita l’entrata di tutti i missionari in India. Carey supplicò ancora una volta sua moglie di accompagnarlo, ma lei persisteva nel suo rifiuto. “Se possedessi il mondo intero, io lo donerei con gioia per avere il privilegio di portarti con me, te e i nostri cari bambini. Ma i sentimenti e il mio dovere sorpassano tutte le altre considerazioni”. Grande fu la sorpresa di Carey nel sapere, poi, che la sua sposa si convinse ad accompagnarlo. Il viaggio non fu proprio confortevole e, nonostante le diverse tempeste attraversate, Carey approfittava del suo tempo libero per studiare il bengali, ed aiutare un missionario nella traduzione del libro della Genesi in lingua bengalese. Durante la traversata, Carey apprese sufficientemente il bengalese per farsi comprendere dalla gente. Dopo essere sbarcato, cominciò subito a predicare e numerosi furono quelli che lo vennero ad ascoltare. Carey si rese conto dell’importanza e della necessità che il popolo disponesse di una Bibbia nella propria lingua madre. La rapidità con la quale apprendeva le lingue indiane era una sorgente d’ammirazione anche per i migliori linguisti. Per più di trent’anni Carey fu professore di lingue orientali all’Università di Fort William. Fondò anche l’Università di Serampore per formare i cristiani destinati al santo ministero. Una volta insediato in India, Carey continuò gli studi che aveva iniziato nella sua infanzia. Non fondò solo la società dell’agricoltura e dell’orticoltura, ma anche uno dei migliori giardini botanici; scrisse e pubblicò “Orti Bengalesi”. Il libro “Flora indiana”, un’altra delle sue opere, fu considerata un’opera maestra per lunghi anni. Tuttavia l’orticoltura non costituiva il suo maggior interesse, insegnava anche nelle scuole ai bambini disagiati; ma soprattutto bruciava in lui il desiderio di perseguire la conquista delle anime. Quando uno dei suoi figli cominciò a predicare, Carey scrisse: “Mio figlio Felix ha risposto alla chiamata di predicare il Vangelo”. Anni più tardi quando lo stesso figlio accettò il posto d’ambasciatore di Gran Bretagna, il padre scrisse a un suo amico: “Felix si è abbassato fino a diventare un ambasciatore”. Durante i quarant’anni passati in India non tornò mai in Inghilterra. Parlava correttamente più di trenta lingue indiane; dirigeva la traduzione delle Scritture in tutte queste lingue e diventò anche traduttore ufficiale del governo. Lavorava con costanza indolente senza farsi distarre da nulla durante le sue ore di lavoro. Questo è quello che scrisse agli amici per aver ritardato a rispondere alle loro lettere: “Mi sono alzato oggi alle sei, ho letto un capitolo della Bibbia in ebraico, ho pregato sette ore. Poi ho assistito al culto domestico in bengali con i servitori. E, aspettando che mi portassero il the, ho letto con un munchi che mi attendeva. Ho letto anche prima della colazione un breve passo delle Scritture in hindouestani, dopo mi sono messo a continuare la traduzione del sanscrito in ramayuma. Abbiamo lavorato circa dieci ore. Poi sono andato all’Università e ho dato dei corsi di pomeriggio. Di ritorno a casa, ho letto le prove di traduzione di Geremia in lingua bengalese. Prima di riposarmi ho tradotto la maggior parte del capitolo otto di Matteo in sanscrito. Questo mi ha preso circa sei ore, mi sono messo poi con un pundite di Telinga per tradurre dal sanscrito nella sua propria lingua. Alle sette mi sono messo a meditare un messaggio per un sermone che dovevo predicare in inglese alle sette e mezzo. Circa quaranta persone hanno assistito al culto. Dopo il culto un giudice ha offerto cinquecento rupie per la costruzione di un nuovo tempio. Alle nove, quando tutti quelli che avevano assistito al culto se ne furono andati, mi sono seduto per tradurre il capitolo undici di Ezechiele in bengalese, ed ho terminato alle undici. Adesso sto cercando di scriverti, poi pregherò e così terminerò la mia giornata. Non c’è giorno in cui posso disporre di tempo libero, ma sono sempre preso da programmi vari.” Quando fu avanti negli anni i suoi amici insistettero perché riducesse i suoi sforzi, ma la sua avversione per l’inattività era tale che continuava a lavorare anche se le forze fisiche non erano più sufficienti per sostenere l’impegno mentale necessario. Finalmente il 9 giugno del 1834, all’età di 63 anni William Carey si addormentò in Cristo. Lo Sapevate che…?
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